Crema di Carciofi – Eccellenze di Prix

22 Marzo 2021   Professor Novelli Prodotti

Progetto in collaborazione con BCA Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione Università degli Studi di Padova

A cura del Prof. Enrico Novelli

Corso di Studi Sicurezza Igienico-sanitaria degli Alimenti – Sede di Vicenza

Chi sono i principali consumatori di carciofi? Gli italiani! Con 6,62 kg pro-capite nel 2018, seguiti da peruviani (4,75 kg) e spagnoli (4,2 kg).

 

Brutto a chi?

Freschi, surgelati, sott’olio o in versione spalmabile come la ‘Crema di carciofi Eccellenze di Prix’, Cynara scolymus L, il carciofo, è un fiore molto amato in cucina.

Carciofo però lo utilizziamo anche nel linguaggio comune e detto di una persona sicuramente non è un apprezzamento per la sua bellezza ma, probabilmente, non si ha presente lo spettacolo alla sua fioritura. E, guarda caso, l’ancora sconosciuta Marilyn Monroe nel 1947 fu eletta in California Regina del carciofo.

Chi è?

Il carciofo è una pianta erbacea perenne, della famiglia delle Compositae, presente nell’area del Mediterraneo. Derivata dal cardo selvatico, in Italia sono coltivate varietà autunnali che producono dall’autunno alla primavera inoltrata con una pausa invernale, spesso destinate alla trasformazione, alla produzione di conserve, surgelati mentre le varietà primaverili vengono consumate tal quali.

Nel mondo solo coltivate più di 90 varietà di carciofo, che possono essere spinose (come quello Sardo o di Albenga) o senza spine (inermi, come il romanesco e il violetto di Toscana).

 

Quello che viene consumato

Quando mangiamo un carciofo mangiamo un fiore. Per capire perché dobbiamo conoscere come si presenta. La pianta ha un fusto eretto, con altezza da 50 cm a 1,5 m, ramificato con tipiche foglie grandi verdi o grigie, che si presentano più chiare e ‘pelose’ sulle parte inferiore. Abbiamo già detto che possono essere presenti o meno spine.

Sulla sommità delle ramificazioni si trovano le infiorescenze a capolino, con il ricettacolo carnoso (che rappresenta la parte basale) su cui sono inseriti dei fiori azzurri (fiosculi).

Tra i fiori sono presenti molte setole bianche, fiori e setole all’inizio del loro sviluppo danno la ‘peluria’. Sul ricettacolo carnoso si inseriscono le brattee (quelle che per molti di noi chiamiamo impropriamente foglie) più tenere all’interno e più fibrose e dure all’esterno e che rimuoviamo nella preparazione a partire dal prodotto fresco.

Il ricettacolo carnoso e le brattee interne sono il ‘cuore’ ovvero la parte che consumiamo.

 

I numeri del carciofo

La produzione mondiale di carciofo nel 2018 ha fatto segnare 1,7 milioni di tonnellate. Il 54% della produzione di carciofo è consumata tra Italia, Egitto e Spagna e anche in termini di valore, l’Italia è il principale mercato seguita da Perù ed Egitto. Tra le regioni del Bel Paese, la cinaricoltura è presente in particolare in Puglia (35%), Sicilia (32%), Sardegna (21%), Campania e Lazio (7% e 4% rispettivamente).

Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero,
ispida edificò una piccola cupola,
si mantenne all’asciutto sotto le sue squame.
(Pablo Neruda)

Un po’ di storia

La diffusione del carciofo sembra essere dovuta, come per melanzane e spinaci, agli Arabi durante il Medioevo. Anche se la sua presenza nell’antichità classica è ancora da definire con certezza, perché se da un lato gli scritti greci e romani riportano il consumo di carciofo, dall’altro utilizzano la parola scolymos (spinoso) che farebbe pensare ai cardi. Testimonianze sono dovute a Plinio il Vecchio (Naturalis historia), Columella (De re rustica), troviamo anche una specie non definita di Cynara in un mosaico del Museo del Bardo a Tunisi appartenente al periodo imperiale (III secolo d. C.). Probabilmente durante il Primo secolo dopo Cristo l’addomesticamento del carciofo era in corso, ma non completato.

Questa coltura la troviamo nei dipinti di inizio XVII secolo come “Natura morta con fiori, frutta e verdure” di Caravaggio e nelle nature morte di Juan Sánchez Cotán e il fatto di avere la contemporanea presenza in opere spagnole e italiane può essere dovuta al fatto che la Spagna dominò l’Italia a partire dalla metà del XVI secolo. I carciofi sono presenti anche nei dipinti rinascimentali di Vincenzo Campi (L’ortolana) o Giuseppe Arcimboldo (L’estate).

Notizie certe sul commercio di carciofi in Italia le si ha con Filippo Strozzi che all’inizio del XV secolo si occupava di vendite dalla Sicilia a Firenze. La diffusione in Francia la si deve invece a Caterina de’ Medici, figlia di Lorenzo il Magnifico e sposa del re di Francia, e alla sua passione per questi ortaggi.

 

Il suo nome

Carciofo in italiano, Alcachofa in spagnolo o Alcachofra in portoghese derivano dall’arabo harshuff, mentre per inglese, francese, tedesco, lingue del Nord Europa e russo deriva dal tardo latino o dall’antico italiano ‘Alcocalum’, ‘Articocalus’, ‘Articiocco’ o ‘Articoca’ forse dal latino coculum (cardo). L’etimologia fa pensare al ruolo dell’Italia nella diffusione di questo ortaggio.

 

Del carciofo non si butta via niente!

Gli scarti che si producono a seguito delle lavorazioni industriali per la produzione di creme, conserve, sughi e altro a base di carciofo rappresentano delle importanti fonti di composti ad alto valore che trovano applicazione nella produzione di altri alimenti o di prodotti come gli integratori.

Nell’ottica dell’economia circolare e della riduzione degli sprechi, gli scarti (tecnicamente sottoprodotti) sono ulteriormente lavorati da altre aziende per recuperare le componenti nutrizionali di maggior valore.

Tra questi vi sono l’inulina, forma di riserva dei carboidrati nel carciofo, è una fibra importante dal punto di vista alimentare anche per la sua azione prebiotica: è una fibra non digeribile che promuove a livello del colon lo sviluppo di specie batteriche favorevoli. E i composti fenolici noti per la loro azione antiossidante, ovvero di protezione nei confronti dei fenomeni che modificano i lipidi e altri composti liposolubili come alcune vitamine. Le stesse foglie sono da sempre utilizzate in erboristeria.

Ora lo gustiamo

Ottima per preparare bruschette, farcire piadine, panini e pizze ma anche come condimento per la pasta avendo l’attenzione di aggiungere un po’ di acqua di cottura durante la preparazione. Una spolverata di formaggio pecorino e il piatto è pronto.

 

 

Riferimenti

Sonnante G, Pignone D, Hammer K. (2007). The domestication of artichoke and cardoon: from Roman times to the genomic age. Ann Bot., 100(5):1095-1100.

Zohary D. and Basnizky J. (1975). The Cultivated Artichoke: Cynara scolymus Its Probable Wild Ancestors. Economic Botany, 29, 3, 233-235.

Ruiz-Cano D., Pérez-Llamas F., Frutos M.J., Arnao M.B., Espinosa C., López-Jiménez J.A., Castillo J., Zamora S. (2014). Chemical and functional properties of the different by-products of artichoke (Cynara scolymus L.) from industrial canning processing. Food Chemistry, 160, 134-140.

Carciofo – Cynara cardunculus L. scolymus (L.) Hegi – Atlante delle coltivazioni erbacee – Piante da tubero e orticole. https://www.agraria.org/coltivazionierbacee/carciofo.htm.

Mille modi di… dire carciofo. https://dizionaripiu.zanichelli.it/la-parola-e-servita/mille-modi-di-dire-carciofo/#:~:text=E%20non%20da%20ultimo%20carciofo,due%20grandi%20ambasciatrici%20nel%20mondo.

Overview of global artichoke market. https://www.agriorbit.com/overview-of-global-artichoke-market/

Quante varietà di carciofi? Ad ognuno il suo. Coltura & Cultura https://www.colturaecultura.it/articolo/quante-varieta-di-carciofi-ad-ognuno-il-suo#