
Progetto in collaborazione con BCA Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione Università degli Studi di Padova
A cura del Prof. Enrico Novelli
Corso di Studi Sicurezza Igienico-sanitaria degli Alimenti – Sede di Vicenza
Una interessante variazione in tema di produzione del formaggio consiste nell’affinatura con il vino secondo tecniche e modalità talvolta così particolari e specifiche da rappresentare qualcosa di unico e irripetibile.
CHE COS’E’ L’AFFINATURA?
L’affinatura è una tecnica di stagionatura del formaggio ottenuta in condizioni molto particolari, probabilmente nata con una duplice finalità: aumentare la difesa esterna del formaggio nei confronti di insetti e/o acari e al tempo stesso conferire al prodotto caratteri organolettici decisamente personali. Una volta pronta, ossia 24-48 ore dopo l’inizio della lavorazione del latte, la cagliata fresca ossia la massa caseosa composta da caseine, acqua, grasso e un po’ di lattosio può essere destinata ad un breve periodo di maturazione come nel caso dello stracchino o dell’Asiago pressato oppure ad una fase di maturazione più lunga che a seconda della tipologia di formaggio può durare alcune settimane o alcuni mesi o anni e che viene condotta all’interno di magazzini oppure entro camere di dimensioni più contenute in cui la temperatura e l’umidità sono sotto controllo.
Al termine di questo processo il formaggio si presenta con una crosta impermeabile, molto dura e compatta come nel caso del Grana padano oppure di minor consistenza e ancora relativamente permeabile come nel caso dell’Asiago stagionato o dei diversi formaggi cosiddetti Latteria stagionati da 3 fino a 6-9 mesi. Se si intende invece affinare un formaggio, l’esperto affinatore deve scegliere le forme che intende utilizzare quando si trovano nella fase iniziale della stagionatura e la crosta è ancora morbida e permeabile e la massa caseosa è ancora abbastanza neutra perché non possiede già evidenti caratteri organolettici in termini di odore e sapore soprattutto. La parola affinatura richiama il latino finis, cioè portare a termine, portare al limite.
MODALITA’ DI AFFINATURA
Sono note almeno due modalità generali di affinatura, per intervento di fattori ambientali particolari (temperatura e umidità in particolare) in un caso e per contatto con superfici o prodotti di differente natura nell’altro.
Un esempio del primo tipo è il formaggio di fossa (prodotto principalmente in diverse zone geografiche della Romagna ma anche di altre Regioni) che consiste nel deporre il formaggio, ancora relativamente fresco, entro fosse scavate nel tufo la cui apertura viene chiusa con un coperchio e sigillata con il gesso per evitare vi sia ricambio d’aria.
L’affinatura per contatto è quella con cui si ottiene l’imbriago per immersione del formaggio nel vino rosso oppure nelle vinacce, ma esistono diversissimi altri tipi di affinatura per contatto ottenuti avvolgendo il formaggio con foglie di vite o di fico o con il fieno, per citarne alcuni.

ORIGINI DELLA TECNICA DI AFFINATURA
Sarebbero stati i contadini trevigiani, si narra, pressappoco un secolo fa i primi a sfruttare l’azione conservante della vinaccia non avendo a disposizione olio alimentare da cospargere sulla crosta del formaggio per proteggerlo dall’azione invasiva degli acari.
In Friuli e nel Veneto nord orientale si affina il Montasio mezzano, nel vicentino l’Asiago di entrambe le tipologie, pressato e d’Allevo, nel veronese il Monte mezzano. I vitigni generalmente son quelli del Cabernet, Merlot, Raboso e Amarone che conferiscono al formaggio sapori e aromi più intensi mentre la vinaccia di Soave o di Durello risulta con tonalità aromatiche meno marcate. Il formaggio affinato nella vinaccia ha una lunga tradizione soprattutto in Francia, nella regione dell’Alvernia-Rodano-Alpi, confinante con la Valle d’Aosta e il Piemonte, con capoluogo Lione. Vale la pena ricordare la Tomme au Marc de Raisin nel dipartimento della Savoia, nonché l’Arôme de Lyon affinato con vinacce di Beaujolais.
Il formaggio è un prodotto vivo, in ragione dell’attività metabolica svolta dalla microflora presente nella massa caseosa e degli enzimi naturalmente presenti nel latte. Pertanto l’immersione nella vinaccia o nel vino rosso va in qualche modo a modificare l’attività microbico-enzimatica del formaggio da cui ne risultano caratteristiche organolettico-sensoriali del tutto particolari e in qualche modo uniche. La pasta assume un colore avorio, mentre alla degustazione si possono percepire sensazioni di leggera piccantezza alternate ad aroma di fruttato.
COME GUSTARLO?
Il formaggio imbriago con questi sentori che richiamano l’autunno e la vendemmia è ottimo per preparare un antipasto in abbinamento con miele o mostarda o una composta oppure insieme a una fetta di salame fresco. È ottimo anche come condimento per un risotto o ancora per insaporire un primo piatto di polenta o di gnocchi.