
Progetto in collaborazione con BCA Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione Università degli Studi di Padova
A cura del Prof. Enrico Novelli
Corso di Studi Sicurezza Igienico-sanitaria degli Alimenti – Sede di Vicenza
Chi di noi non ha in casa una confezione di pane preaffettato dall’insolita forma quadrata? O quanto meno non ne fa un consumo almeno periodico? Stimo parlando di un prodotto da forno noto con diverse denominazioni e sfumature, il cosiddetto pancarré probabilmente mutuato dal francese pain carré, che si traduce in pane quadrato appunto. La terminologia per identificare questo pane è comunque lunga, ricordiamo pane da toast, oppure il pane da sandwich o il pane da tramezzini o ancora il pane in cassetta che richiama la forma dello stampo (una sorta di parallelepipedo rettangolo) entro il quale la pasta viene collocata nel forno per la cottura. In Francia però, il pane con questa forma viene chiamato pain de mie, una terminologia che richiama proprio la sua peculiare, e in un certo senso unica, morbidezza. In alcuni paesi anglosassoni viene anche chiamato pullman loaf poiché grazie alla sua forma squadrata riduceva al minimo lo spazio occupato all’interno delle anguste cucine delle eleganti carrozze ferroviarie della compagnia (Pullman Company) che nell’800 George Pullman fondò negli Stati Uniti.
Se lo guardiamo con attenzione ci rendiamo conto che questa tipologia di pane, senza crosta per aggiunta, ha una superficie esposta all’aria che rispetto alla sua massa (peso) è davvero importante. E più aumenta la superficie esposta più è complicato mantenere i requisiti di freschezza e morbidezza di cui il prodotto già sulla confezione ne fa vanto. Per esperienza abbiamo visto cosa succede al pane dopo qualche ora o qualche giorno dalla sua produzione. La mollica indurisce mentre la crosta perde sia la croccantezza che la friabilità, alla rottura sbriciola in particelle anche molto fini mentre il tipico aroma viene a perdersi del tutto.
La struttura
Alla base delle profonde trasformazioni sopra elencate che il prodotto subisce vi sono due principali fenomeni. Uno lo si può identificare con la ridistribuzione dell’acqua, che nel pane fresco è in massima concentrazione nella mollica e minima nella crosta, l’altro (sbriciolamento e indurimento della mollica) con la cosiddetta retrogradazione dell’amido (meglio noto come raffermamento). L’amido è un polisaccaride complesso insolubile in acqua, è abbondante nei tuberi, nei cereali e nei legumi ove si trova in una forma fisica cristallina e dove svolge funzione di riserva. Quando viene riscaldato in presenza d’acqua i suoi granuli si rigonfiano idratandosi, perde la sua struttura cristallina e gelatinizza, diventando così anche più digeribile. Questo fenomeno, di natura puramente fisica, si può osservare anche quando la pasta o il riso vengono cotti in acqua.
Dopo la cottura e il successivo raffreddamento del pane l’amido comincia a perdere un po’ d’acqua e tende a ritornare all’iniziale struttura cristallina, senza riuscirci del tutto, che determina quello che abbiamo sopra descritto come raffermamento.
Gli ingredienti
Ma veniamo agli ingredienti del pane morbidissimo Eccellenze di Prix. Il primo è la farina tipo 0 ove l’amido, la principale forma di riserva energetica in molti prodotti di origine vegetale, rappresenta poco meno del 70% in termini ponderali mentre il secondo nutriente sono le proteine (11-12%) fra le quali nella farina di grano tenero distinguiamo la gliadina e la glutenina mentre il grasso è in ridottissima quantità (1% o meno). Vi sono poi i minerali la cui concentrazione, parlando in generale per le farine, dipende dal grado di abburattamento della farina stessa, e a seguire in concentrazioni ancora minori vitamine ed enzimi, fra i quali possiamo almeno ricordare le amilasi.
Quando viene aggiunta acqua alla farina e si applica energia meccanica per mescolare l’impasto, che sia applicata con braccia e mani o con l’impiego di una macchina impastatrice non modifica quello che è l’obiettivo finale, si forma una massa viscoelastica conseguente all’idratazione della gliadina e della glutenina che cominciano a esplicare le loro proprietà leganti formando un reticolo che costituisce il cosiddetto glutine da cui dipende la struttura dell’impasto nonché il suo volume. Anche la qualità dell’acqua può giocare un certo ruolo sulle caratteristiche dell’impasto e poi del pane. Infatti, l’acqua non è tutta uguale ovunque ci si trovi. Alcune variabili fra le quali la durezza (riconducibile fra le altre alla concentrazione di calcio e magnesio), l’alcalinità e il livello residuo di cloro (per potabilizzare l’acqua) possono influire significativamente sulle caratteristiche dell’impasto. Per esempio, l’acqua dura aumenta le proprietà strutturanti del glutine nell’impasto e favorisce l’attività del lievito.
A seguire nell’elenco degli ingredienti leggiamo olio di oliva (3%). I grassi vengono aggiunti agli impasti dei prodotti da forno in virtù delle molteplici funzioni tecnologiche capaci di svolgere. Alcune di queste dipendono dallo stato fisico del grasso aggiunto ossia se è in forma concreta (come il burro, la margarina, lo strutto) oppure liquida come lo sono gli oli. Molte delle azioni svolte dal grasso in questi impasti a base di farina sono riconducibili alle loro proprietà tensioattive ossia la capacità di fungere da leganti fra fasi idrosolubili e fasi che invece non sono idrosolubili. L’olio di oliva, in aggiunta, apporta gradevoli tonalità aromatiche, rinforza l’azione del glutine e ritarda il raffermamento del prodotto mantenendone così la gradevole morbidezza. Ma proseguiamo lungo l’elenco con il lievito naturale, un miscuglio più o meno complesso di microrganismi vivi e vitali che fermentando il glucosio, già presente come tale nonché quello derivante dalla scissione dell’amido, produce anidride carbonica che resta intrappolata nella maglia del glutine facendo così espandere l’impasto. In altre parole ne determina la lievitazione. Inoltre, il lievito direttamente o indirettamente contribuisce anche allo sviluppo dell’aroma e del sapore del pane.
A seguire troviamo il sale marino, che rispetto quello di cava è probabilmente meno puro e allo stesso tempo naturalmente ricco di iodio. Essendo un conservante che svolge indirettamente un’azione antimicrobica può interferire con l’azione del lievito che, come suddetto, è una miscela di cellule microbiche indispensabili per svolgere l’azione fermentante nella pasta prima della sua cottura. Pertanto, oltre alla quantità di sale che viene impiegata è importante anche scegliere oculatamente il momento adatto per la sua addizione all’impasto. Se viene aggiunto all’inizio direttamente nella farina determinerà un allungamento del tempo necessario per la lievitazione.
Il sale migliora anche le proprietà tensili del glutine dal quale risulta un impasto più elastico e meno predisposto a strapparsi e ciò risulta particolarmente significativo nei luoghi ove l’acqua di fonte o di rete a disposizione per la preparazione dell’impasto ha una bassa concentrazione di sali. Infine, la farina di frumento maltato. Il malto si ottiene dalla germinazione della cariosside del grano in condizioni controllate di umidità, temperatura e tempo. In questa fase di trasformazione, che in natura è funzionale alla generazione della nuova piantina, si attivano tutti gli enzimi necessari a generare nutrimento per la nuova vita. Nello specifico del settore molitorio gli enzimi di maggior interesse sono le amilasi, che trasformano l’amido in destrine e glucosio, e le proteasi. Pertanto, l’aggiunta di piccole quantità di farina di grano maltato alla farina tipo 0 rinforza la fase di lievitazione mentre le proteasi apportate rendono la mollica più soffice con alveoli (i vuoti nella mollica occupati dal gas sviluppato dal lievito) diffusi e regolari. Anche la freschezza del pane si mantiene per un tempo maggiore.
A questo proposito per gli addetti ai lavori del settore dei prodotti da forno la morbidezza si identifica con l’effetto di rallentare il processo di raffermamento del pane e allungarne così la durata commerciale mentre per il consumatore s’identifica con un prodotto dalla buona qualità organolettica e che viene percepito come fresco.


Dopo la cottura
Il pane morbidissimo dopo la cottura viene tagliato a fette con una speciale macchina che genera superfici regolari e omogenee. Sembra che la prima macchina per affettare il pane sia comparsa negli Stati Uniti nel 1928 ma la sua diffusione su larga scala arrivò solo dopo travagliate vicissitudini.
Come gustarlo al meglio
Come consumare il pane morbidissimo preaffettato. I suggerimenti possono essere davvero molti, dai tramezzini per un antipasto importante o per una pausa di ristoro pomeridiana come per un pranzo veloce “al volo”. La sua morbidezza è tale da far risaltare ancor di più la qualità e le proprietà organolettiche della farcitura. Anche a colazione non è affatto male laddove accompagnato ad un uovo strapazzato o semplicemente come supporto per il miele o una crema dolce spalmabile. La comodità e praticità d’uso e di servizio di questo pane preaffettato è tale che, sempre negli Stati Uniti, è in voga il detto the best thing since sliced bread (letteralmente, la miglior cosa dopo il pane affettato) che in realtà viene impiegata come metafora nei confronti di persone, fatti, luoghi o altro straordinariamente importante e fuori dal comune.
Riferimenti
- Joseph Amendola and Nicole Rees. Understanding Baking: The Art and Science of Baking. Hoboken, New Jersey, John Wiley & Sons, 2003.
- Stanley P. Cauvain. Bread making. Improving quality. Boca Raton FL, Woodhead Publishing Limited and CRC Press, 2003.
- Pancarré: dizionario italiano online Hoepli
- Welsh, Joe and Bill Howes. Travel by Pullman: a century of service. Saint Paul MN, MBI Pub., 2004
- LESAFFRE, comunicazione tecnica. Trovare la giusta morbidezza, esaltarla e assicurarla nel tempo